@paulaborbon42: Verdes💚🐍

Paula Borbon
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Saturday 18 December 2021 16:44:31 GMT
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Comments

ivangonzalo16
Ivan Gonzalo :
Belleza pura😍🥰
2021-12-26 09:34:03
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andrefer176
andrefer176 :
una mirada q mata mor 💚
2021-12-18 18:44:22
0
sebas_laguna
Sebastián laguna :
las puntas en churcos 10/10
2021-12-18 17:33:56
0
bosshourani
hourani boss :
🥰🥰🥰🥰🥰
2021-12-21 22:52:16
0
juank1809
Jüan Vëlandia :
waooo🥰
2021-12-18 17:09:12
0
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Puoi dire, anzi dovresti dire
Puoi dire, anzi dovresti dire "sindaca" per riferirti al ruolo di una donna che è "prima cittadina" di una città. Se è uomo "sindaco", se è donna "sindaca". Se ci pensi, non è così strano. Si può dire, anzi dovremmo dire "rettrice". Ma anche "avvocata". Si diceva "avvocatessa", anni fa, ma non essendo poi mai entrata questa parola davvero nell'uso, oggi si preferiscono i femminili a suffisso zero. Si può dire "medica", nello Zanichelli c'è. Veniva già usato come aggettivo, possiamo usarlo come sostantivo. Medico se è un uomo, e medica se è una donna. Oppure "dottoressa" come femminile di "dottore". "Direttrice" oppure "magistrata", ovviamente. Perché mai dovremmo dire "direttore" o "magistrato" quando a ricoprire quel ruolo è una donna? In altri casi, invece, è sufficiente l'articolo. Ad esempio per indicare una presidente donna, diremo "la presidente". La parola "presidenta" è invece stata inventata per svilire la rivendicazione di un linguaggio ampio nella società contemporanea. Questo perché le parole "presidente", come anche "dentista" o "giudice", sono di genere comune, e dunque è sufficiente cambiare l'articolo: la giudice, la dentista o il dentista, oppure la presidente. Facile, anzi di più: naturale. Sono regole di grammatica. A proposito: è la stessa cosa per la parola "giornalista". Non esiste "giornalisto", perché semplicemente quella "a" finale non rappresenta il femminile, ma il suffisso di derivazione greca che è "ista", che finisce in "a" sia per il maschile che per il femminile. Quindi anche qui basta cambiare l'articolo: un giornalista o una giornalista. Ricordiamolo: rivolgersi alla maggioranza non equivale a parlare a ogni persona. Le parole sono il nostro collante, e ci definiscono. Se non abbiamo parole per definirci, anche la nostra identità sarà scarsa, persa, non considerata nel dibattito pubblico perché non rappresentata. Se non abbiamo le parole, non possiamo essere pienamente noi stesse e noi stessi. È tutta una questione di parlarsi, non addosso. Gli amanti si lasciano, per le parole non dette. Le persone muoiono, per le parole sbagliate. a cura di Saverio Tommasi

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