@angelogrecoofficial: In caso di licenziamento “per ripicca”, il lavoratore deve dimostrare che l'intento ritorsivo del datore di lavoro sia stato l'unico motivo determinante del mancato rinnovo del contratto (Trib. Napoli, sent. n. 7710/2017; Trib. Roma, sent. n. 1885/2018 e n. 8127/2021). Tuttavia, l'articolo 17 del Decreto Legislativo 10 marzo 2023, n. 24 prevede una presunzione a favore del lavoratore, invertendo l'onere della prova: si presume cioè che il comportamento del datore di lavoro sia stato posto in essere a causa della segnalazione o della minaccia di azione legale, salvo prova contraria di quest’ultimo. Ciò si traduce in una forte agevolazione per il dipendente il quale deve solo provare di aver tentato di esercitare i propri diritti, ad esempio tramite email o registrazioni di conversazioni (anche telefoniche) in cui ha richiesto la corretta applicazione del contratto di lavoro, del CCNL o della legge. Pertanto, il lavoratore può: - impugnare il mancato rinnovo presentando un ricorso al giudice del lavoro e, in quella sede, sostenere che il mancato rinnovo del contratto costituisce un atto ritorsivo o discriminatorio; - chiedere al giudice di dichiarare nullo l'atto del datore di lavoro e di disporre la reintegrazione nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno subito. Inoltre, la minaccia di non rinnovare il contratto se il dipendente non accetterà le condizioni lavorative deteriori rispetto a quelle previste dalla legge integra un reato, quello di estorsione. Tale comportamento può essere pertanto oggetto di denuncia presso i Carabinieri, la Polizia o la Procura della Repubblica entro 3 mesi dalla condotta illecita. #lavoro #dipendente #straordinari #legge

Angelo Greco

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Friday 27 December 2024 17:10:20 GMT